Dieta restrittiva e depressione: tutti i rischi nascosti

Una dieta restrittiva fai-da-te aumenta il rischio di sintomi depressivi, specialmente in uomini e persone in sovrappeso

Le diete ipocaloriche sono associate a un aumento dei sintomi depressivi, secondo una ricerca pubblicata su BMJ Nutrition Prevention & Health. Lo studio ha analizzato oltre 28.000 adulti americani, rivelando che chi segue una dieta restrittiva presenta punteggi più elevati nei questionari sulla depressione, specialmente tra uomini e persone in sovrappeso.

Indice dei contenuti

  • Come le diete restrittive influenzano la salute mentale
  • I risultati dello studio BMJ su 28.000 partecipanti
  • Perché uomini e persone in sovrappeso sono più vulnerabili
  • La differenza tra diete controllate e fai-da-te
  • Strategie alimentari alternative per il benessere
  • Quando la restrizione calorica diventa pericolosa

Come la dieta restrittiva danneggia il cervello

Le diete ipocaloriche non controllate possono scatenare meccanismi neurobiologici che peggiorano l’umore. Quando il corpo riceve meno energia del necessario, il cervello attiva sistemi di allarme che alterano la produzione di neurotrasmettitori come serotonina e dopamina. Questo processo, evolutivamente progettato per spingerci a cercare cibo, può manifestarsi oggi come ansia, irritabilità e depressione.

La ricerca ha dimostrato che le persone che seguivano una dieta ipocalorica, in particolare gli uomini e le persone con un indice di massa corporea considerato in sovrappeso, avevano maggiori probabilità di presentare sintomi di depressione più elevati. Il meccanismo è complesso: quando riduciamo drasticamente le calorie senza supervisione medica, rischiamo carenze nutrizionali che compromettono il funzionamento cerebrale.

Il glucosio e gli acidi grassi omega-3 sono fondamentali per la salute del cervello. Le diete povere di carboidrati (glucosio) o grassi (omega-3) possono teoricamente peggiorare la funzione cerebrale ed esacerbare i sintomi cognitivo-affettivi, soprattutto negli uomini con maggiori esigenze nutrizionali, spiegano i ricercatori. La privazione calorica innesca inoltre una risposta di stress fisiologico che può alimentare circoli viziosi di umore depresso e comportamenti alimentari disfunzionali.


Lo studio BMJ rivela il lato oscuro delle diete popolari

Un’indagine su scala nazionale americana ha svelato correlazioni preoccupanti tra restrizione calorica e benessere psicologico. I ricercatori hanno analizzato i dati del National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES) raccolti tra il 2007 e il 2018, includendo 28.525 adulti che avevano completato il Patient Health Questionnaire-9 per valutare la gravità dei sintomi depressivi.

I numeri parlano chiaro: poco meno dell’8% aveva riportato sintomi depressivi, mentre il 33% era in sovrappeso e il 38% era obeso. La maggioranza del gruppo (87%) dichiarava di non seguire alcuna dieta specifica, mentre 2.026 persone (8%) seguivano una dieta ipocalorica. Altri 859 seguivano diete “restrittive per nutrienti”, povere di grassi, zuccheri, sale, fibre o carboidrati.

I risultati hanno mostrato che i punteggi PHQ-9 erano 0,29 punti più alti in chi seguiva diete ipocaloriche rispetto a chi non seguiva alcuna dieta particolare. La situazione peggiorava per le persone in sovrappeso: i loro punteggi erano 0,46 punti più alti quando seguivano diete ipocaloriche. Le diete restrittive per nutrienti erano associate a un aumento di 0,61 punti nei punteggi PHQ-9.

La ricerca ha anche rivelato differenze significative tra i sessi. Le diete ipocaloriche erano associate a punteggi più elevati nei sintomi cognitivo-affettivi (la relazione tra pensieri e sentimenti), mentre le diete restrittive per nutrienti erano collegate a punteggi più alti nei sintomi somatici (stress eccessivo e ansia per i sintomi fisici).


Perché uomini e persone in sovrappeso soffrono di più

I meccanismi biologici spiegano questa vulnerabilità differenziale alle diete restrittive. Gli uomini hanno generalmente un fabbisogno calorico superiore rispetto alle donne, il che significa che una riduzione calorica può creare deficit nutrizionali più rapidamente. Inoltre, la ricerca suggerisce che gli uomini potrebbero essere più sensibili alle fluttuazioni dei livelli di glucosio e acidi grassi essenziali.

Per quanto riguarda le persone in sovrappeso, la situazione è ancora più complessa. Spesso iniziano diete restrittive con aspettative elevate di perdita di peso rapida, ma quando i risultati tardano ad arrivare o si verifica il fenomeno del “weight cycling” (perdere peso per poi riprenderlo), la frustrazione può intensificare i sintomi depressivi.

Il pensiero dicotomico, detto anche pensiero “tutto o nulla”, è una distorsione cognitiva in base alla quale tendiamo a pensare tutto bianco o tutto nero. Questo pattern cognitivo è particolarmente comune in chi segue diete restrittive e può alimentare circoli viziosi: “Se non rispetto perfettamente la dieta, allora ho fallito completamente.”

La ricerca ha inoltre evidenziato che le persone depresse tendono maggiormente ad andare incontro a problemi di obesità, così come ci sono persone che tendono a mangiare in risposta a stati emotivi negativi. Questo crea una spirale in cui la depressione porta a comportamenti alimentari disfunzionali, che a loro volta possono peggiorare l’umore quando si tenta di correggerli con diete troppo rigide.


La differenza cruciale tra dieta restrittiva controllata e fai-da-te

Non tutte le restrizioni caloriche sono uguali: la supervisione professionale fa la differenza. I risultati di questo studio contraddicono ricerche precedenti che mostravano benefici delle diete ipocaloriche sulla depressione. La spiegazione sta nel tipo di intervento: gli studi precedenti erano principalmente trial randomizzati controllati in cui i partecipanti aderivano a diete accuratamente progettate che garantivano un’assunzione equilibrata di nutrienti.

Al contrario, le diete ipocaloriche della vita reale spesso mancano di questa supervisione scientifica. Le diete ipocaloriche della vita reale e l’obesità spesso risultano in carenze nutrizionali, particolarmente in proteine, vitamine e minerali essenziali, e inducono stress fisiologico, che può esacerbare la sintomatologia depressiva, spiegano i ricercatori.

Come abbiamo sottolineato in questo articolo, l’approccio alla nutrizione sta evolvendosi verso modelli più sostenibili e scientificamente fondati. La restrizione calorica controllata potrebbe aumentare la longevità e migliorare la salute generale, ma solo quando implementata correttamente.

Un elemento chiave è la composizione della dieta. Lo studio BMJ ha confermato che le persone che riportavano una dieta con più alimenti ultraprocessati, carboidrati raffinati, grassi saturi, carni processate e dolci avevano maggiori probabilità di riportare livelli più elevati di depressione. Al contrario, chi seguiva una dieta in stile mediterraneo mostrava generalmente un rischio inferiore di depressione.


Strategie alimentari che proteggono la salute mentale

L’alternativa alle diete restrittive esiste ed è supportata dalla scienza. La ricerca emergente in psichiatria nutrizionale sta rivelando come specifici pattern alimentari possano agire come fattori protettivi per il benessere mentale.

Un’alimentazione sana potrebbe agire in modo preventivo non solo favorendo la salute mentale in senso stretto, ma anche più in generale relativamente alla qualità della vita percepita. La chiave sta nell’adottare un approccio bilanciato che nutra sia il corpo che la mente.

La dieta mediterranea emerge come modello gold standard. Le nuove linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità hanno evidenziato che la dieta mediterranea è inversamente associata ad ansia e depressione nelle persone con obesità. Questo pattern alimentare ricco di frutta, verdura, cereali integrali, pesce e grassi sani fornisce i nutrienti essenziali per il funzionamento ottimale del cervello.

Un approccio efficace include:

Nutrienti specifici per il cervello: Gli omega-3 del pesce, le vitamine del gruppo B dei cereali integrali, il magnesio delle verdure a foglia verde e i polifenoli della frutta sono tutti elementi che supportano la produzione di neurotrasmettitori e proteggono dalla neuroinfiammazione.

Stabilità glicemica: Evitare i picchi e i cali di zucchero nel sangue attraverso pasti bilanciati che includano proteine, grassi sani e carboidrati complessi. Questo aiuta a mantenere stabile l’umore e l’energia mentale.

Microbiota intestinale sano: Alcuni studi dimostrano che i prebiotici hanno effetti positivi anche sulla salute mentale: riducono la reattività allo stress, l’ansia e la depressione. Alimenti fermentati e ricchi di fibre alimentano i batteri benefici che comunicano con il cervello attraverso l’asse intestino-cervello.


Quando la restrizione calorica diventa un disturbo

Riconoscere i segnali di una dieta restrittiva patologica è fondamentale per intervenire tempestivamente. Il confine tra alimentazione controllata e comportamento disfunzionale può essere sottile, ma esistono indicatori chiari che richiedono attenzione professionale.

La ricerca storica dell’Università del Minnesota ha documentato gli effetti devastanti della dieta restrittiva estrema. I partecipanti avevano sviluppato veri e propri rituali: sminuzzare il cibo e mangiarlo lentamente, fino a impiegare due ore per singolo pasto. Questi comportamenti persistevano ben oltre il periodo di restrizione.

I segnali di allarme includono:

Ossessioni alimentari: Pensare costantemente al cibo, calcolare ossessivamente le calorie, provare ansia intensa quando non si riesce a controllare l’alimentazione.

Isolamento sociale: Evitare eventi sociali che coinvolgono il cibo, mentire su quello che si mangia, nascondere comportamenti alimentari.

Effetti fisici: Perdita di energia, difficoltà di concentrazione, disturbi del sonno, sensibilità al freddo, perdita di capelli.

Cambiamenti dell’umore: Cambiamenti transitori di alcuni tratti di personalità, accertati tramite gli alti punteggi alle scale D-Depressione, Hy-Isteria e Hs-Ipocondria, come documentato nello studio Minnesota.

La differenza tra una dieta sana e un comportamento restrittivo patologico sta nella flessibilità e nell’impatto sulla qualità di vita. Una relazione sana con il cibo permette occasionali “sgarri” senza sensi di colpa devastanti e non compromette le relazioni sociali o il benessere psicologico.


TL;DR – La dieta restrittiva e la depressione

  • Il problema: Le diete ipocaloriche fai-da-te aumentano il rischio di sintomi depressivi, specialmente in uomini e persone in sovrappeso
  • La ricerca: Studio su 28.525 adulti americani mostra correlazione tra restrizione calorica e punteggi più alti nei test sulla depressione
  • I meccanismi: Carenze nutrizionali, stress fisiologico e pensiero dicotomico creano circoli viziosi che peggiorano l’umore
  • La soluzione: Diete bilanciate come quella mediterranea, supervisione professionale e focus sul benessere complessivo piuttosto che sulla sola perdita di peso
  • L’azione: Se segui una dieta restrittiva e noti cambiamenti dell’umore, consulta un professionista per un approccio più sostenibile

La chiave non è evitare qualsiasi controllo alimentare, ma scegliere strategie nutrizionali che nutrano sia il corpo che la mente a lungo termine.


Gabriella Menniti e colleghi hanno pubblicato questo studio su BMJ Nutrition Prevention & Health il 3 giugno 2025, aprendo nuove prospettive sul rapporto complesso tra alimentazione e salute mentale. La ricerca sul rapporto tra dieta restrittiva e depressione sottolinea l’importanza di considerare gli aspetti psicologici quando si valutano interventi nutrizionali, specialmente in popolazioni vulnerabili.

Previous Article

Running macOS and Windows 10 on the Same Computer

Write a Comment

Leave a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Iscriviti alla Newsletter di Mentechiara

Se sei stanco di sentir dire che "basta pensare positivo", se hai provato app e corsi senza risultati duraturi, se vuoi capire davvero come funziona la tua mente con i fatti, non le opinioni.
È gratuita. Sempre. Nessun costo nascosto, nessun upselling, nessun conflitto di interesse.